Bob Dylan ha vinto il Nobel per la letteratura.
Embè, direte voi.
Vedete, le canzoni di Bob Dylan appartengono all’umanità quanto il discorso di un politico illuminato, un romanzo che ha fatto storia o un’opera teatrale che ha segnato un’epoca. Né più né meno di Shakespeare. Tra il 1962 e il ’66 ha segnato la coscienza mondiale più di ogni altro. Chiedete a chi c’era. Chiedetelo al vento.
“Il modo migliore per servire l’età è tradirla”. Ecco, l’essenza di Bob Dylan. Non è semplicemente essere dall’altra parte, qualsiasi essa sia, perché questo vorrebbe dire essere un eccentrico e niente è più noioso di un eccentrico, si sa sempre da che parte sta.
Dylan invece ci proietta nel futuro e ci racconta del passato. Ha fatto e disfatto. Detto e contraddetto. Ha sempre catturato l’attimo, seguendolo. Come il poeta.
Ed è sempre stato così, sin dall’inizio, quando cantava come un vecchio, con la sua voce antica in un corpo da bambino.

“Siamo qui come dei naufraghi anche se facciamo di tutto per negarlo”. (Visions of Johanna).